Il perno fondamentale dell’essere slave, o schiavoa/a è l’appartenenza, si appartiene ad un Padrona/e quando si prova soddisfazione nell’eseguire gli ordini di colui o colei a cui si affida la propria fisicità, il proprio libero arbitrio.
Recentemente una ragazza, quando le proposi di diventare la mia schiava mi rispose con voce squillante dall’emozione: “E’ bello appartenere”.
Si sentiva anche solo dal tono come desiderasse abbandonarsi pienamente e lasciarsi guidare.
Leggendolo si potrebbe pensare a qualcosa di innaturale, la scelta “malata”, a ben vedere si rinuncia a parte della propria libertà a favore di una persona.
Eppure accade spesso, nella religione, nella politica, in un leader carismatico, ci affidiamo a grandezze superiori o persone nella speranza che sappiano portarci oltre noi stessi.
Si chiama religione, si chiama militanza, si chiama sottomissione, però tutti generano il senso di appartenenza, di essere parte di qualcosa di più grande.
Per compiere una scelta così grande bisogna fidarsi dell’altra persona, come se fosse un impulso che parte da dentro, più emotivo che logico; per fidarsi bisogna conoscersi, per conoscersi bisogna parlarsi e frequentarsi.
Consiglio a tutti coloro che leggeranno quanto scrivo di non iniziare mai un possibile rapporto lanciandosi sulle tecniche, sulla parte pratica, fate vedere cosa siete dietro al desiderio che unisce la voglia di incontrarsi, dovete perderci tempo, costruire giorno per giorno, perché è un tipo di rapporto unico.
Sono una donna solare, amo ridere, eppure divento inflessibile ed esigente. Mi mostro come sono, non mi nascondo dietro la maschera dell'algida Mistress, non sono così, è deleterio fingere.
Quando si gioca si deve sentire dentro la voglia che cresce, il desiderio di continuare il gioco, la volontà di superare i limiti… Non la rabbia di dover subire, sia pur per amore, umiliazioni e dolore .
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