Ieri, in un meraviglioso esempio di serendipità, sono incappato in due cose del tutto indipendenti eppure deliziosamente collegabili. La prima era un post trolleggiante su un forum italiano dedicato al BDSM, nel quale una ragazza che scrive in terza persona esprimeva il proprio orrore per la mancanza di un “corretto protocollo” durante un munch al quale aveva partecipato. Vi si poteva quasi sentire l’odore dell’indignazione morale verso chiunque non sottoscrivesse la sua visione di etichetta per pervertiti – e gli sghignazzi dietro alle numerose risposte generalmente riassumibili in «taci e non osare giudicare il modo in cui gli altri si divertono nel tempo libero».
Il secondo elemento è, a essere precisi, due diversi documentari sullo stile di vita BDSM. Making mistress More, di Beverly Yuen Thompson, si può guardare gratuitamente su Vimeo e racconta la gestione de La domaine Esemar, un luogo pubblicizzato come «il più antico chateau di addestramento BDSM al mondo». The ceremony, di Lina Mannheimer, si concentra invece sullo stile di dominazione dell’ottantaquattrenne Catherine Robbe-Grillet, probabilmente la dominatrice più venerata d’Europa fin dai tardi anni ’60 del secolo scorso.
Vi suggerisco vivamente di cliccare su entrambi i link qui sopra per farvi un’idea di ciò di cui sto parlando. Riassumendo, comunque, il primo documentario rivela come lo “chateau” sia in realtà poco più di una casa mobile in mezzo ai boschi del circondario di Albany, New York. Il proprietario, noto come Master R, è un ex musicista amante della natura: un tipo dall’aspetto tranquillo circondato da una specie di corte dei miracoli di entusiasti che trattano La domaine come un rifugio dagli stress della vita “normale”. Sembrano un gruppetto piuttosto gioviale, la cui passione tiene più o meno a galla l’impresa nonostante le palesi carenze economiche e organizzative. A dirla tutta, la storia principale riguarda una ex-schiava a pagamento che viene reclutata come dominatrice professionista quando la precedente titolare molla tutto all’improvviso.
Esattamente agli antipodi Madame Robbe-Grillet è invece stilosa e aristocratica come nessun’altra. Ex attrice e romanziera, pur non essendosi mai abbassata a pubblicizzare la propria attività vive davvero in un castelletto e coltiva un’idea distaccata e ritualistica dei giochi di dominazione erotica. Per lei estetica ed eleganza sono fondamentali, al punto di accettare ormai alla sua presenza solamente sottomessi belli quanto modelli. È il tipo di persona che ci si aspetta di trovare a giocare a scacchi contro qualche maestro internazionale – mentre conduce una conversazione filosofica in cui ciascuna brillante metafora viene commentata da una mossa appropriata sul tavoliere. Il tutto accompagnato da piccoli sorsi di vino impossibilmente prezioso da un calice di cristallo offerto su un vassoio da un maggiordomo muto.
Guardare i due documentari uno dopo l’altro mi ha inevitabilmente spinto a confrontare queste visioni così tanto diverse del BDSM. Ecco le mie piccole conclusioni:
Ciascun approccio è il prodotto di un preciso ambiente culturale
La signora francese ha fatto i suoi primi passi nel mondo della dominazione erotica in una nazione ancora scossa dai postumi della seconda guerra mondiale e dai cambiamenti geopolitici. Schiacciata fra le superpotenze a est e ad ovest (per non parlare della Gran Bretagna, su a nord), per mantenere quel po’ di grandeur che le restava la Francia stava aggrappandosi disperatamente alla propria vecchia identità culturale. Questa comprendeva un forte senso delle classi sociali e un’aristocrazia in declino. A tutt’oggi in Francia gli annunci per la ricerca di partner usano spesso la sigla ‘BCBG’, che si tradurrebbe letteralmente come ‘buono stile, buona classe’ ma all’atto pratico significa ‘altoborghese ricco e schizzinoso’ – un orgoglioso marchio di superbia inconcepibile nel resto del mondo. In quel contesto storico le apparenze giocavano un ruolo fondamentale nel rinforzare la propria condizione sociale, pertanto l’attenzione a rituali e dettagli assumeva una particolare importanza.
Bisogna inoltre ricordare che la distinzione fra BDSM e sadomasochismo patologico fosse ancora ben là da venire. Adottare un approccio stilizzato e intellettualistico all’eros costituiva un ottimo modo per distinguersi dai raptus violenti di pazzi e criminali. Senza siti web o manuali da cui imparare, avere gerarchie formali assicurava oltretutto che le informazioni tecniche venissero trasferite correttamente ai nuovi arrivati. Infine, nascondere uno stile di vita trasgressivo dietro una patina di rispettabilità filosofica e rituale offriva un minimo di protezione sociale in un’epoca in cui avere una cattiva reputazione poteva rovinare per sempre la vita di una donna.
Quasi agli antipodi, la struttura americana è stata invece fondata nel 1993, in un’era molto favorevole alla sessualità e in un paese che si vanta dell’uguaglianza fra cittadini in comunità estremamente diversificate. Il BDSM non era solo un termine ormai ben noto, ma anche uno stile di vita attraente benché un po’ misterioso, celebrato dai media e nell’arte. Le informazioni sulle varie pratiche erano abbondanti e abbastanza facilmente accessibili. Le città più grandi avevano club e associazioni a tema ben pubblicizzati, la scena leather aveva una gran visibilità e Internet aveva cominciato a mettere in collegamento appassionati di tutto il paese.
L’approccio de La domaine è inoltre frutto di una cultura fortemente empatica, in cui comunicare e prendersi cura del benessere di tutti viene incoraggiato attivamente, così come rapportarsi alla persona dietro ogni ruolo lavorativo o di altro tipo. Si tratta di un contesto che conosciamo tutti piuttosto bene, quindi non mi ci dilungherò sopra. Vale tuttavia la pena di notare alcuni suoi concetti chiave: integrare ogni aspetto della propria personalità viene considerato un obiettivo desiderabile, si preferiscono i contenuti alle apparenze, e l’apertura nei rapporti viene vista come una virtù.
Tenete a mente queste osservazioni mentre guardate i documentari, e noterete facilmente come ciascun approccio sia il risultato diretto della cultura che lo circonda, di cui riflette valori e norme. Possiamo anche immaginare quanto imbarazzante sarebbe un incontro fra Master R e madame Robbe-Grillet: dubito che si riuscirebbero a tollerare per più di qualche secondo, e di certo non potrebbero condividere un momento di gioco per tutto l’oro del mondo. Oltretutto per loro sarebbe un problema perfino comunicare, poiché lei rifiuta di parlare altro dal francese di Parigi, mentre il video americano mostra come lui non sappia pronunciare correttamente nemmeno il nome francese della sua stessa attività.
Questi approcci non possono essere spostati dal loro contesto
Le diverse interpretazioni del BDSM non sono solo il prodotto delle culture in cui sono nate, ma una parte di esse. Le incompatibilità reciproche non si fermano infatti ai protagonisti dei documentari: pensate al ribrezzo che proverebbero molti “pervertiti” francesi verso quei rozzi yankee e i loro comportamenti chiassosi ed eccessivamente amichevoli – o all’indignazione degli americani nei confronti del distacco e dei modi iperformali della dominatrice europea!
L’eros ha sempre idealizzato le terre e le culture straniere, rappresentandole come paradisi di sensualità. In realtà si tratta però solamente della speranza non troppo nascosta che qualcuno, da qualche parte, si stia divertendo più di noi poiché l’insoddisfazione sessuale è un’altra costante di tutte le epoche. Dopotutto l’eccitazione si nutre di novità, e annoiarsi di ciò che abbiamo a portata di mano non sorprende nessuno. Ecco perché una casa mobile di New York si è data un nome da fiaba d’oltreoceano, e perché nel 2014 una donna aspiri ancora a uno stile di vita da fine Ottocento idealizzato.
Detto questo, basta guardare pochi minuti di documentari per rendersi conto che Master R sarebbe assai infelice se davvero dovesse vivere in un castello europeo e seguirne gli austeri rituali dovendo abbandonare la sua beneamata musica country e le birrate con il football in TV. Mistress Grillet, abituata a mangiare il minimo indispensabile per mantenere la propria diafana silhouette – e mai davanti ad altri, così da non rovinare la propria aura con banali necessità umane – sarebbe altrettanto orripilata da tutti quei pasti in comune, dalle porzioni gigantesche e la plebea vicinanza dei corpi.
Mi azzardo a dire che queste osservazioni non si applichino solo agli esempi specifici in questione, ma restino vere in generale. Lo si vede per esempio nel modo in cui la scena gay cambia di paese in paese, in come i giochi fetish vengano vissuti nelle varie nazioni, o anche in come ci sembri alieno il kinbaku praticato in Giappone da giapponesi, nonostante tutti i video e i corsi occidentali che possiamo aver visto. La concezione distorta del BDSM occidentale in Cina rappresenta un altro esempio brillante di tali differenze.
L’eros insolito è universale
Detto tutto ciò, i diversi approcci dei nostri protagonisti mi hanno ricordato ancora una volta quanto universali siano le sessualità insolite. Indipendentemente da quanto distanti possano apparire, entrambi inseguono lo stesso archetipo di squilibrio di potere erotizzato. O, in parole più semplici: gli scenari sessuali con padroni e schiavi sono e sono sempre stati parte della natura umana. Non si tratta di una scoperta particolarmente rivoluzionaria. Gli storici e gli etnografi trovano continuamente tracce di “comportamenti trasgressivi” risalenti a ogni periodo della storia dell’umanità, dall’antica Grecia ai tempi moderni.
Il BDSM e le altre fantasie erotiche sono in fondo ciò che distingue la sessualità umana da quella di specie meno evolute. Tutti gli animali si riproducono; pochissimi fanno sesso ricreativo; nessuno tranne (alcuni) umani sa concepirlo come qualcosa di diverso dal puro strofinamento di genitali. Quando la capiremo una volta per tutte che l’eros estremo non è “strano”, ma una celebrazione della grandezza della nostra specie?
La percezione sociale del sesso insolito si evolve molto velocemente
All’anagrafe madame Robbe-Grillet e Master R sono separati da appena quarant’anni. Sotto molti punti di vista è un tempo piuttosto breve, eppure è stato sufficiente a modificare completamente la percezione sociale dei giochi erotici che praticano. Come dicevamo prima, quando la dominatrice francese si è affacciata a questo ambiente avere fantasie BDSM era ancora motivo sufficiente per essere rinchiusi in manicomio, se si era nati nella classe sociale sbagliata. Oggi la stessa cosa si è tramutata in una moda fighetta che vende milioni di libri in tutto il mondo.
Io per primo avevo l’impressione che si trattasse soprattutto di una conseguenza dell’arrivo del Web – ma pare proprio che mi sbagliassi. In effetti, leggendo The pleasure’s all mine – A history of perverse sex di Julie Peakman ho scoperto con quale velocità l’accettazione dei comportamenti sessuali sia sempre cambiata attraverso gli anni – di solito ogni mezzo secolo o giù di lì. Chi può dire come verranno percepiti il BDSM e le altre devianze ora della fine del ventiduesimo secolo? Ad azzardare previsioni, si direbbe, si fanno sempre pessime figure.
Non c’è un modo giusto di approcciarsi al BDSM
Al di là di tutte le pomposissime conclusioni sopra elencate, la lezione (o, si spera, il ripasso) più importante che si impara guardando quei documentari uno dopo l’altro è probabilmente il semplice fatto che non vi sia un Modo Giusto di godersi il BDSM. O, per essere più precisi, naturalmente ci sono delle basi comuni di rispetto reciproco, sicurezza, competenza, dedizione e così via – compreso il sempre citato principio dell’SSC – ma poi il gioco può prendere la forma più adatta alle necessità, i gusti e le idee dei partecipanti. Chi vi si dedica occasionalmente limitandosi a un leggero gioco di ruolo non è meno “vero” degli esperti di 24/7 estremo.
Il che ci riporta alla discussione da cui eravamo partiti con questo post. Che dire del presunto “protocollo BDSM” tanto elogiato da quella ragazza e da innumerevoli siti di sprovveduti? Che le storie sulla “Vecchia Guardia” e le “case d’addestramento” siano solo leggende dure a morire è già stato più che dimostrato indipendentemente da quanto vengano ripetute. L’esistenza di un unico protocollo cui si dovrebbero conformare tutte le relazioni di sottomissione è altrettanto assurdo. Createvene pure uno tutto vostro, se volete, ma non cercate di imporlo ad altri che probabilmente ne sanno più di voi. Oppure, ora che ci penso, fatelo pure. Come abbiamo appena visto, c’è il rischio che si adatti bene all’ambiente culturale e influenzi il modo in cui le generazioni a venire vedano questi giochi. Almeno per qualche anno.
Il secondo elemento è, a essere precisi, due diversi documentari sullo stile di vita BDSM. Making mistress More, di Beverly Yuen Thompson, si può guardare gratuitamente su Vimeo e racconta la gestione de La domaine Esemar, un luogo pubblicizzato come «il più antico chateau di addestramento BDSM al mondo». The ceremony, di Lina Mannheimer, si concentra invece sullo stile di dominazione dell’ottantaquattrenne Catherine Robbe-Grillet, probabilmente la dominatrice più venerata d’Europa fin dai tardi anni ’60 del secolo scorso.
Vi suggerisco vivamente di cliccare su entrambi i link qui sopra per farvi un’idea di ciò di cui sto parlando. Riassumendo, comunque, il primo documentario rivela come lo “chateau” sia in realtà poco più di una casa mobile in mezzo ai boschi del circondario di Albany, New York. Il proprietario, noto come Master R, è un ex musicista amante della natura: un tipo dall’aspetto tranquillo circondato da una specie di corte dei miracoli di entusiasti che trattano La domaine come un rifugio dagli stress della vita “normale”. Sembrano un gruppetto piuttosto gioviale, la cui passione tiene più o meno a galla l’impresa nonostante le palesi carenze economiche e organizzative. A dirla tutta, la storia principale riguarda una ex-schiava a pagamento che viene reclutata come dominatrice professionista quando la precedente titolare molla tutto all’improvviso.
Esattamente agli antipodi Madame Robbe-Grillet è invece stilosa e aristocratica come nessun’altra. Ex attrice e romanziera, pur non essendosi mai abbassata a pubblicizzare la propria attività vive davvero in un castelletto e coltiva un’idea distaccata e ritualistica dei giochi di dominazione erotica. Per lei estetica ed eleganza sono fondamentali, al punto di accettare ormai alla sua presenza solamente sottomessi belli quanto modelli. È il tipo di persona che ci si aspetta di trovare a giocare a scacchi contro qualche maestro internazionale – mentre conduce una conversazione filosofica in cui ciascuna brillante metafora viene commentata da una mossa appropriata sul tavoliere. Il tutto accompagnato da piccoli sorsi di vino impossibilmente prezioso da un calice di cristallo offerto su un vassoio da un maggiordomo muto.
Guardare i due documentari uno dopo l’altro mi ha inevitabilmente spinto a confrontare queste visioni così tanto diverse del BDSM. Ecco le mie piccole conclusioni:
Ciascun approccio è il prodotto di un preciso ambiente culturale
La signora francese ha fatto i suoi primi passi nel mondo della dominazione erotica in una nazione ancora scossa dai postumi della seconda guerra mondiale e dai cambiamenti geopolitici. Schiacciata fra le superpotenze a est e ad ovest (per non parlare della Gran Bretagna, su a nord), per mantenere quel po’ di grandeur che le restava la Francia stava aggrappandosi disperatamente alla propria vecchia identità culturale. Questa comprendeva un forte senso delle classi sociali e un’aristocrazia in declino. A tutt’oggi in Francia gli annunci per la ricerca di partner usano spesso la sigla ‘BCBG’, che si tradurrebbe letteralmente come ‘buono stile, buona classe’ ma all’atto pratico significa ‘altoborghese ricco e schizzinoso’ – un orgoglioso marchio di superbia inconcepibile nel resto del mondo. In quel contesto storico le apparenze giocavano un ruolo fondamentale nel rinforzare la propria condizione sociale, pertanto l’attenzione a rituali e dettagli assumeva una particolare importanza.
Bisogna inoltre ricordare che la distinzione fra BDSM e sadomasochismo patologico fosse ancora ben là da venire. Adottare un approccio stilizzato e intellettualistico all’eros costituiva un ottimo modo per distinguersi dai raptus violenti di pazzi e criminali. Senza siti web o manuali da cui imparare, avere gerarchie formali assicurava oltretutto che le informazioni tecniche venissero trasferite correttamente ai nuovi arrivati. Infine, nascondere uno stile di vita trasgressivo dietro una patina di rispettabilità filosofica e rituale offriva un minimo di protezione sociale in un’epoca in cui avere una cattiva reputazione poteva rovinare per sempre la vita di una donna.
Quasi agli antipodi, la struttura americana è stata invece fondata nel 1993, in un’era molto favorevole alla sessualità e in un paese che si vanta dell’uguaglianza fra cittadini in comunità estremamente diversificate. Il BDSM non era solo un termine ormai ben noto, ma anche uno stile di vita attraente benché un po’ misterioso, celebrato dai media e nell’arte. Le informazioni sulle varie pratiche erano abbondanti e abbastanza facilmente accessibili. Le città più grandi avevano club e associazioni a tema ben pubblicizzati, la scena leather aveva una gran visibilità e Internet aveva cominciato a mettere in collegamento appassionati di tutto il paese.
L’approccio de La domaine è inoltre frutto di una cultura fortemente empatica, in cui comunicare e prendersi cura del benessere di tutti viene incoraggiato attivamente, così come rapportarsi alla persona dietro ogni ruolo lavorativo o di altro tipo. Si tratta di un contesto che conosciamo tutti piuttosto bene, quindi non mi ci dilungherò sopra. Vale tuttavia la pena di notare alcuni suoi concetti chiave: integrare ogni aspetto della propria personalità viene considerato un obiettivo desiderabile, si preferiscono i contenuti alle apparenze, e l’apertura nei rapporti viene vista come una virtù.
Tenete a mente queste osservazioni mentre guardate i documentari, e noterete facilmente come ciascun approccio sia il risultato diretto della cultura che lo circonda, di cui riflette valori e norme. Possiamo anche immaginare quanto imbarazzante sarebbe un incontro fra Master R e madame Robbe-Grillet: dubito che si riuscirebbero a tollerare per più di qualche secondo, e di certo non potrebbero condividere un momento di gioco per tutto l’oro del mondo. Oltretutto per loro sarebbe un problema perfino comunicare, poiché lei rifiuta di parlare altro dal francese di Parigi, mentre il video americano mostra come lui non sappia pronunciare correttamente nemmeno il nome francese della sua stessa attività.
Questi approcci non possono essere spostati dal loro contesto
Le diverse interpretazioni del BDSM non sono solo il prodotto delle culture in cui sono nate, ma una parte di esse. Le incompatibilità reciproche non si fermano infatti ai protagonisti dei documentari: pensate al ribrezzo che proverebbero molti “pervertiti” francesi verso quei rozzi yankee e i loro comportamenti chiassosi ed eccessivamente amichevoli – o all’indignazione degli americani nei confronti del distacco e dei modi iperformali della dominatrice europea!
L’eros ha sempre idealizzato le terre e le culture straniere, rappresentandole come paradisi di sensualità. In realtà si tratta però solamente della speranza non troppo nascosta che qualcuno, da qualche parte, si stia divertendo più di noi poiché l’insoddisfazione sessuale è un’altra costante di tutte le epoche. Dopotutto l’eccitazione si nutre di novità, e annoiarsi di ciò che abbiamo a portata di mano non sorprende nessuno. Ecco perché una casa mobile di New York si è data un nome da fiaba d’oltreoceano, e perché nel 2014 una donna aspiri ancora a uno stile di vita da fine Ottocento idealizzato.
Detto questo, basta guardare pochi minuti di documentari per rendersi conto che Master R sarebbe assai infelice se davvero dovesse vivere in un castello europeo e seguirne gli austeri rituali dovendo abbandonare la sua beneamata musica country e le birrate con il football in TV. Mistress Grillet, abituata a mangiare il minimo indispensabile per mantenere la propria diafana silhouette – e mai davanti ad altri, così da non rovinare la propria aura con banali necessità umane – sarebbe altrettanto orripilata da tutti quei pasti in comune, dalle porzioni gigantesche e la plebea vicinanza dei corpi.
Mi azzardo a dire che queste osservazioni non si applichino solo agli esempi specifici in questione, ma restino vere in generale. Lo si vede per esempio nel modo in cui la scena gay cambia di paese in paese, in come i giochi fetish vengano vissuti nelle varie nazioni, o anche in come ci sembri alieno il kinbaku praticato in Giappone da giapponesi, nonostante tutti i video e i corsi occidentali che possiamo aver visto. La concezione distorta del BDSM occidentale in Cina rappresenta un altro esempio brillante di tali differenze.
L’eros insolito è universale
Detto tutto ciò, i diversi approcci dei nostri protagonisti mi hanno ricordato ancora una volta quanto universali siano le sessualità insolite. Indipendentemente da quanto distanti possano apparire, entrambi inseguono lo stesso archetipo di squilibrio di potere erotizzato. O, in parole più semplici: gli scenari sessuali con padroni e schiavi sono e sono sempre stati parte della natura umana. Non si tratta di una scoperta particolarmente rivoluzionaria. Gli storici e gli etnografi trovano continuamente tracce di “comportamenti trasgressivi” risalenti a ogni periodo della storia dell’umanità, dall’antica Grecia ai tempi moderni.
Il BDSM e le altre fantasie erotiche sono in fondo ciò che distingue la sessualità umana da quella di specie meno evolute. Tutti gli animali si riproducono; pochissimi fanno sesso ricreativo; nessuno tranne (alcuni) umani sa concepirlo come qualcosa di diverso dal puro strofinamento di genitali. Quando la capiremo una volta per tutte che l’eros estremo non è “strano”, ma una celebrazione della grandezza della nostra specie?
La percezione sociale del sesso insolito si evolve molto velocemente
All’anagrafe madame Robbe-Grillet e Master R sono separati da appena quarant’anni. Sotto molti punti di vista è un tempo piuttosto breve, eppure è stato sufficiente a modificare completamente la percezione sociale dei giochi erotici che praticano. Come dicevamo prima, quando la dominatrice francese si è affacciata a questo ambiente avere fantasie BDSM era ancora motivo sufficiente per essere rinchiusi in manicomio, se si era nati nella classe sociale sbagliata. Oggi la stessa cosa si è tramutata in una moda fighetta che vende milioni di libri in tutto il mondo.
Io per primo avevo l’impressione che si trattasse soprattutto di una conseguenza dell’arrivo del Web – ma pare proprio che mi sbagliassi. In effetti, leggendo The pleasure’s all mine – A history of perverse sex di Julie Peakman ho scoperto con quale velocità l’accettazione dei comportamenti sessuali sia sempre cambiata attraverso gli anni – di solito ogni mezzo secolo o giù di lì. Chi può dire come verranno percepiti il BDSM e le altre devianze ora della fine del ventiduesimo secolo? Ad azzardare previsioni, si direbbe, si fanno sempre pessime figure.
Non c’è un modo giusto di approcciarsi al BDSM
Al di là di tutte le pomposissime conclusioni sopra elencate, la lezione (o, si spera, il ripasso) più importante che si impara guardando quei documentari uno dopo l’altro è probabilmente il semplice fatto che non vi sia un Modo Giusto di godersi il BDSM. O, per essere più precisi, naturalmente ci sono delle basi comuni di rispetto reciproco, sicurezza, competenza, dedizione e così via – compreso il sempre citato principio dell’SSC – ma poi il gioco può prendere la forma più adatta alle necessità, i gusti e le idee dei partecipanti. Chi vi si dedica occasionalmente limitandosi a un leggero gioco di ruolo non è meno “vero” degli esperti di 24/7 estremo.
Il che ci riporta alla discussione da cui eravamo partiti con questo post. Che dire del presunto “protocollo BDSM” tanto elogiato da quella ragazza e da innumerevoli siti di sprovveduti? Che le storie sulla “Vecchia Guardia” e le “case d’addestramento” siano solo leggende dure a morire è già stato più che dimostrato indipendentemente da quanto vengano ripetute. L’esistenza di un unico protocollo cui si dovrebbero conformare tutte le relazioni di sottomissione è altrettanto assurdo. Createvene pure uno tutto vostro, se volete, ma non cercate di imporlo ad altri che probabilmente ne sanno più di voi. Oppure, ora che ci penso, fatelo pure. Come abbiamo appena visto, c’è il rischio che si adatti bene all’ambiente culturale e influenzi il modo in cui le generazioni a venire vedano questi giochi. Almeno per qualche anno.
https://www.ayzad.com/it/notizie/cultura/alla-ricerca-del-vero-bdsm/
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