La prima ad accorgersene è l’amica che dice che deve guarirmi da questa strana forma di masochismo. Che io mi faccia bendare, legare, pizzicare e mordere per il mio piacere a lei non sta proprio bene. Perché a LEI non piace. E se non piace a lei non deve piacere neppure a me.
Mi chiama sottomessa e spiego che sono io a chiedere quello che voglio l’altro mi faccia. Non solo c’è consensualità, ma sono io che domino. Dice che è violenza e spiego che la violenza sta, appunto, dove non c’è consensualità. Violenza è anche quella di chi ti impone ciò che devi essere anche se non vuoi. Se domani arrivasse uno a dirmi che devo scopare nella posizione della missionaria e per farmelo fare mi addomestica, mi fa pensare che sono sbagliata, malata, mi obbliga a rivolgermi a uno psichiatra, mi fa anche prendere delle medicine sociali o chimiche o insiste a dimostrarmi che mi piacerà qualcosa che mi annoia a morte, quella si è una violenza.
Ed è violenza quella che compie l’amica che viene a impormi come stare al mondo e si intromette nella sfera della mia sessualità con la scusa di voler fare il mio bene. Non sono una bambina. Sono adulta. E patologizzare, provare a omologare, uniformare, quello che è diverso da te è pratica autoritaria. Lo è sempre perché non c’è mai stata alcuna dittatura che abbia imposto norme dicendo di volerlo fare per il tuo male. E’ sempre per il bene di qualcuno. Il mio, il suo, il tuo, il loro, il nostro.
Poi c’è l’amico che mi guarda come se mi compatisse. Mi ha detto con chiarezza che se incontra l’uomo con cui faccio sesso non vuole parlarci. Pensa io sia alla sua mercè. Perché si parte sempre dalla convinzione che chi pensa quello che tu non condividi sia in qualche modo influenzato da cattive compagnie e in questo caso dall’uomo cattivo. Ed è una gran stronzata, perché mi negano autonomia, il rispetto alle mie scelte e alla mia autodeterminazione che a me è dovuto.
Lui dice che dovrei liberarmi del senso della colpa e la vergogna, ma io dico che l’unica colpevolizzazione imposta è giusto da parte sua perché è lui, assieme all’amica, che mi inducono ad aver vergogna. Vergogna perché quello che vivo io è giudicato perversione. Vergogna perché la normatività morde la mia vita e io non ne traggo alcun piacere. E se mi adeguassi a quello, forse, sarebbe masochismo. Di quando ti addomesticano e ti fanno diventare quella che non sei e per avere consenso dichiari fedeltà alle convenzioni sociali.
Sono dei moralisti, in fondo, e non avrei scomodato un simile giudizio se mi avessero semplicemente ascoltato, senza l’assillo perenne, paternalista e autoritario, del soccorso e senza la predisposizione ad un negazionismo delle pratiche di se’ che non gli corrispondono.
Sono dei moralisti perché non sanno niente, non vedono, non sentono, non vivono quello che vivo io, e quando glielo dico mi aggrediscono dicendomi che non devo sperare di fare passare per antico il loro modo di fare sesso. E io dico no, ché qui in discussione sono io, sono le mie scelte, e certo non sono io che impongo una norma al sesso altrui. Sono loro che vogliono imporla a me. Loro. Non io.
Sono dei dittatori, del corpo e della sessualità, e vogliono piegarmi a logiche in cui l’amore puro sarebbe fatto di delicatezze e cuoricini, concedendosi ogni tanto qualche biricchina trasgressione che si traduce in ridicole effrazioni del senso comune, tipo “mangia la cioccolata sul mio fondoschiena” o “facciamolo qui… in questo luogo clandestino“.
Sono anche degli ipocriti, perché generalizzano, si nutrono di stereotipi e poi non accettano commenti quando io so che la mia amica in realtà gode pochino, mi dice che si annoia, e certo non le rivendo la mia ricetta perché lei dice che ha altri gusti e io li rispetto, ma non mi pare sia nella posizione di potermi dettare regole per la mia felicità.
Ho alcuni lividi, devo nasconderli perché altrimenti qualcuno potrebbe anche pensare di chiamare la polizia del sesso ordinato e socialmente puro, non posso parlarne come fanno altri e devo nascondermi, come fossi una criminale, perché c’è chi si scandalizzerebbe e chi giudicherebbe addirittura incompatibile la mia inclinazione con il desiderio di avere un figlio. Eppure vorrei restare incinta, un giorno, col rischio di trovare chi riterrà non compatibili le mie abitudini sessuali con l’amore che vorrò dargli.
Perché questo è il punto. Puoi essere donna se interpreti il tuo ruolo secondo regole precise. Diversamente paghi. Per ogni orgasmo, liquido concesso e voluto, ogni millimetro di carne esposto a quel piacere. Paghi. E paghi molto caro.
Ps: Erotic Grrlz (diario erotico postporno) è un personaggio di pura invenzione scritto, proposto da una amica (l’editing è mio). Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.
https://abbattoimuri.wordpress.com/2013/12/09/mi-piace-il-sesso-che-mi-lascia-i-lividi/comment-page-1/#comment-48111
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